"I declare before you all that my whole life, whether it be long or short, shall be devoted to your service and to the service of our great Imperial Family to which we all belong"

Queen Elizabeth II

sabato 20 settembre 2008

"A Londra morirò di fame". Sei sicuro?

“Vado a lavorare a Londra… morirò di fame”: quante volte abbiamo sentito pronunciare questa frase da un nostro giovane connazionale in procinto di varcare il Canale della Manica con l’intenzione di soggiornarvi per un po’? Moltissime, certamente troppe. Questa convinzione, del resto, fa il paio con il principi secondo i quali la cucina italiana vanta il primato su ogni altra e che gli inglesi, perfino i cuochi di professione, sarebbero incapaci di presentare in tavola, preparato con decenza, anche un semplice piatto di spaghetti.
Per quanto quest’idea sia distorta, è certamente vero che la tradizione culinaria britannica si sia sviluppata con modalità e tempi diversi rispetto a quella italiana e che, certamente, ogni tentativo di replicare oltremanica i piatti tipici della Toscana, dell’Emilia o di ogni altra regione italica sia destinato a probabile fallimento.
Ma le lamentele dei giovinetti italiani che mettono piede nella terra di Shakespeare sono generate da un errato atteggiamento di fondo: la chiusura mentale.
Chi si lagna della cucina inglese, infatti, generalmente non ha mai assaggiato un piatto della tradizione britannica e, di solito, pasteggia a lasagne preparate da improbabili ristoratori italiani che, normalmente, si chiamano Akan Sukur o Mohamed Al-Saber.
Anche qualora dietro ai fornelli ci fosse il Principe di Galles, del resto, sarebbe difficile pretendere che, nato e cresciuto in Inghilterra, egli possa eccellere in pratiche diffuse nell’ambito di culture straniere.
Per spiegarvi il mio punto di vista vi propongo un test: chiedete a vostra nonna, ovvero a chiunque riteniate un maestro in cucina, di prepararvi il roast-beef. Poi salite sul primo aereo, raggiungete un qualsiasi ristorante inglese e degustate lo stesso piatto. Ve lo assicuro: ci troverete la stessa differenza che passa tra il Brunello di Montalcino e il vino Ronco!
Semplicemente, gli italiani cucinano alla grande i loro piatti, gli inglesi sono una cannonata a preparare i propri.
Per questa ragione, la prossima volta che andrete in Gran Bretagna, cercate di evitare tutti gli Italian Reataurants che pullulano alla caccia di un connazionale a cui propinare uno spaghetto a 10 Pounds (un eccezione può essere fatta per l’Italian Way di Hastings, nell’East Sussex, gestito da un pescarese e un siciliano veri).
Dove andare, dunque, per gustare i piatti tradizionali inglesi? La prima risposta è certamente il Pub. Tempio dello stare insieme inglese, il Pub è il luogo dove, più di ogni altro, si possono gustare i piatti tipici a prezzi molto contenuti in un’atmosfera semplice e affascinante.
Anche la scelta del locale, naturalmente, deve essere ponderata: diffidate da quelli troppo turistici e molto centrali e optate per quelli di campagna. Lungo le principali direttrici si trovano spesso dei Pub incantevoli che aspettano solo di essere scoperti.
Anche la capitale può essere sorprendente, soprattutto perché quasi ogni Pub serve cibo caldo (fuori Londra, invece, non sempre i Pub hanno la cucina).
Ora il bello? Quali piatti ordinare? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Il mio piatto preferito è originario della Cornovaglia, regione da cui prende il nome: Cornish Pasty. E’ un pasticcio di carne fatto a mezzaluna, nato come pasto per i minatori (la Cornovaglia era ricchissima di miniere la cui chiusura, negli ultimi trent’anni, ha mandato sul lastrico un’intera economia). I bordi della Cornish, tradizionalmente, non si mangiavano poiché servivano a sorreggere il tortino. In Cornovaglia questo piatto si consuma generalmente al Pub, accompagnato da un birra locale, per esempio la Tribute; nel resto dell’Inghilterra, invece, si sono diffuse catene commerciali (organizzate in piccoli negozi o chioschi), ad esempio la West Cornwall Pasty, specializzate nella preparazione e vendita delle Cornish Pasty.
Altro piatto da non perdere è la Pie (torta salata) ripiena nei modi più svariati: quella forse più celebre è la Steak and Ale (tipicamente scozzese), tortino ripieno di carne cotta nella Real Ale (la birra scura) e accompagnato da purè, broccoli e piselli (e qualsiasi altra cosa venga in mente al cuoco).
Molto tradizionale è anche il Fish & Chips: merluzzo impanato e fritto con patatine. Originariamente si comprava incartato in un foglio di giornale e lo si consumava per strada: oggi le norme igieniche vietano di utilizzare il giornale per l’incarto ma non è insolito trovare incarti monouso che riproducono i quotidiani più famosi (giusto perché le leggi non ostacolino le tradizioni…).
Ultima menzione (anche se potrei andare avanti per ore a citare leccornie) la devo alla Full English Breakfast: vi prego, provatela, non fate gli italiani snob che alla mattina bevono solo caffè e mangiano una fetta biscottata (salvo poi pranzare ogni giorno come fosse Natale, con il risultato di presentarsi al lavoro nel pomeriggio la vitalità di un bradipo). In Inghilterra non fatevi mancare il super piatto composto da bacon, uova (sbattute o fritte), pomodori grigliati, pane tostato o fritto, fagioli (non sempre) e salsiccia, servito con una bella tazza di te o caffè nero. Dona un energia straordinaria per tutto il giorno e regala un momento di convivialità al quale noi italiani, a quell’ora del mattino, non siamo abituati.
Infine, tornando alla frase iniziale, “A Londra morirò di fame”, ricordate che la capitale inglese è considerata in tutto il mondo la regina della ristorazione. Potreste passare un mese a degustare ogni giorno piatti di culture e nazionalità diverse, tanta è l’offerta a disposizione. I ravioli ve le prepara la mamma al vostro rientro!
This is England, my dear. Don’t miss it!

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